Sono nove gli autocarri dati alle fiamme, nella notte tra martedì e mercoledì, a Reggiolo in un’area agricola di via Aurelia. I mezzi appartenevano ad un’azienda di proprietà dell’imprenditore cutrese Domenico Bonifazio, che si occupa di autotrasporto di inerti proprio qui a Reggio Emilia. Un incendio doloso che purtroppo richiama i caratteri e le modalità dell’intimidazione mafiosa, come sottolinea il fatto che si sta occupando dell’accaduto anche la Dda (Direzione distrettuale antimafia) di Bologna.
La comunità reggiolese reagisce e, insieme all’Alleanza reggiana per una società senza mafie, si mobilita da subito con un presidio per la legalità che si è tenuto in piazza a Reggiolo qualche giorno dopo.
Noi sosteniamo l’iniziativa, condanniamo gli atti intimidatori della notte scorsa e siamo presenti ogni qual volta ci sia da parte della comunità reggiana la volontà di contrastare la presenza e la violenza delle infilitrazioni malavitose sul nostro territorio. Ma sosteniamo anche che questo non è abbastanza.
Nell’immediato sit-in, presidi, incontri pubblici dove si proclama la lotta senza quartiere alla mafia ma, appena i riflettori si spengono, gli assessori e i sindaci sembrano quasi scomparire invocando la mobilitazione di una fumosa quanto imprecisata “società civile”. Nonostante i bei discorsi da campagna elettorale, sono mancate azioni forti e decreti diretti per allontanare i clan dalle attività commerciali, dal gioco d’azzardo e dalle slot machine, dall’edilizia e dal sistema politico elettorale, condannando così i cittadini ad una doppia beffa.
Oltre allo sfruttamento quotidiano nei posti di lavoro, alla precarietà, alla disoccupazione, al dilagare di povertà e piaghe sociali come il gioco d’azzardo sì aggiunge anche la criminalità organizzata: i primi a farne le spese sono quei piccoli imprenditori locali che non riescono più a competere con i “nuovi arrivati” causando in questo modo la disgregazione di un intero tessuto produttivo e aggravando la crisi economica di questo sistema economico-sociale.
Politica locale, cooperative e imprese senza macchia che ospitano nei loro cantieri presenze criminali, che “sanno e non sanno” e con inconsapevolezza e nell’indifferenza accettano le modalità mafiose e le avvallano.*
La lotta alla criminalità organizzata parte dall’azione di ogni singolo cittadino responsabile e onesto, questo è certo. Ma è soprattutto una lotta politica che deve essere portata avanti dall’intero territorio e da tutte le amministrazioni. Specialmente oggi, in cui è fondamentale controllare con trasparenza l’opera di “ricostruzione” nei comuni colpiti dal terremoto, per evitare che possa verificarsi ciò che è accaduto in Irpinia e pochi anni fa all’Aquila.
Perchè ogni volta che una cooperativa svende i diritti dei propri lavoratori al miglior offerente e ogni volta che distoglie lo sguardo sacrificando la responsabilità sociale d’impresa in nome del massimo profitto,è quello che rimane della storia di solidarietà e responsabilità civile della nostra terra, della nostra “Emilia rossa” di resistenza, a bruciare insieme agli autoarticolati di Domenico Bonifazio.
* Per un approfondimento della questione consigliamo il libro di Giovanni Tizian, da cui abbiamo preso queste informazioni, dal titolo “Gotica, ‘Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea.” Abbiamo aderito da subito, inoltre, alla campagna “Io mi chiamo Giovanni Tizian” in solidarietà all’autore messo nel mirino dalla criminalità organizzata.