DOCUMENTO POLITICO del FRONTE GIOVANI COMUNISTI REGGIO EMILIA
Il Fronte dei Giovani Comunisti nasce da un’idea di un gruppo di Giovani Comunisti reggiani militanti del Partito della Rifondazione Comunista. Esso è un collettivo apartitico aperto a tutti i compagni e le compagne che intendono, insieme a noi, ricostruire una soggettività radicale, organizzata, democratica finalizzata a costruire insieme un’alternativa al sistema economico capitalista.
Crediamo che non sia possibile superare le crisi cicliche che puntualmente mettono in ginocchio gli strati sociali più deboli se non abbattendo e finalmente superando le storture e le iniquità del sistema capitalista. E’ ormai chiaro che non si tratta di discutere riguardo ad una “cattiva gestione” dei meccanismi economici bensì ci troviamo di fronte ad una impossibilità di ottenere una “buona gestione”. Sappiamo che questa è una favola che ci viene raccontata ogni qual volta la rabbia popolare cresce e che i governi usano come rimedio temporaneo: infatti non è mai cessato lo sfruttamento dei lavoratori, ma anzi esso è sempre più brutale. Non è mai cessato il saccheggio dell’Africa e dei paesi coloniali e le nefandezze di questo comportamento sono sotto i nostri occhi. Non è mai cessato lo sfruttamento selvaggio del nostro pianeta, che ora, come mai nella Storia era capitato, si trova ad un punto di non ritorno.
Considerando tutti questi motivi, noi giovani comunisti, pensiamo che un’alternativa non solo sia preferibile ma necessaria. Una necessità dal punto di vista dello sviluppo dell’umanità ma anche una necessità per il nostro stesso pianeta.
SCUOLA
Il Fronte dei Giovani Comunisti è per una scuola ed un’istruzione laica, gratuita, di qualità e di massa. Per questo ci opponiamo allo smantellamento del sistema scolastico italiano che con il Ddl Gelmini ha visto il suo apice ma che in realtà è iniziato ben prima con la complicità dei governi di centro-sinistra. Pensiamo che i fondi per l’istruzione debbano essere trovati ad ogni costo: tagliando le spese militari, bloccando il flusso di finanziamenti alle scuole private (vietato dalla Costituzione), e facendo pagare le imposte agli enti ecclesiastici che ne sono esentati, per esempio. Che questo denaro pubblico restituito alla collettività vada a finanziare strutture moderne e sicure, come non lo sono oggi; che si dia garanzia anche agli studenti provenienti da famiglie povere o disagiate di poter affrontare il percorso scolastico; che si retribuiscano in maniera adeguata tutti i lavoratori della conoscenza, la cui funzione è fondamentale nella società, e che si elimini la precarietà.
Il Fronte dei Giovani Comunisti è per una scuola ed un’istruzione laica, gratuita, di qualità e di massa. Per questo ci opponiamo allo smantellamento del sistema scolastico italiano che con il Ddl Gelmini ha visto il suo apice ma che in realtà è iniziato ben prima con la complicità dei governi di centro-sinistra. Pensiamo che i fondi per l’istruzione debbano essere trovati ad ogni costo: tagliando le spese militari, bloccando il flusso di finanziamenti alle scuole private (vietato dalla Costituzione), e facendo pagare le imposte agli enti ecclesiastici che ne sono esentati, per esempio. Che questo denaro pubblico restituito alla collettività vada a finanziare strutture moderne e sicure, come non lo sono oggi; che si dia garanzia anche agli studenti provenienti da famiglie povere o disagiate di poter affrontare il percorso scolastico; che si retribuiscano in maniera adeguata tutti i lavoratori della conoscenza, la cui funzione è fondamentale nella società, e che si elimini la precarietà.
E però vero che il sistema scolastico necessita di una riforma sostanziale, non ci limitiamo a difendere quel (poco) che resta: vogliamo molto di più e non perderemo occasione per rivendicarlo.
L’esperienza dei movimenti studenteschi degli anni passati ci ha mostrato che, per avere più forza nelle nostre battaglie abbiamo bisogno dell’unità tra gli studenti e i lavoratori della scuola, insegnanti e ATA. Tra questi lavoratori non dobbiamo dimenticare, così come in tutti gli altri settori, l’alto tasso di precarizzazione: una condizione lavorativa che ostacola la formazione culturale della persona, che ne blocca il processo di maturazione di esperienze e il cui peso ricade con tutti gli oneri del caso sullo studente.
Per questo lavoriamo in tutte le scuole superiori della nostra provincia e nell’Università di Modena e Reggio per far sì che si saldino le rivendicazioni degli studenti e dei lavoratori, non solo quelli del mondo scolastico.
Perchè l’attacco alla scuola pubblica non è altro che un tassello di un progetto molto più ampio di attacco allo stato sociale, ai diritti, alla dignità dei cittadini.
LAVORO
Il Fronte dei Giovani Comunisti si schiera apertamente a fianco della classe lavoratrice, ne fa suoi i valori di sacrificio e orgoglio, e la difende con tutti i mezzi a propria disposizione. Da quando la sinistra italiana è entrata in crisi, profonda, con lo scioglimento del Partito Comunista Italiano l’attacco alle conquiste ottenute dal movimento operaio negli anni passati si è fatto via via sempre più forte. L’abolizione della scala mobile, la riforma pensionistica, l’introduzione giuridica della forma di lavoro precario, l’attacco alle leggi sulla sicurezza sul luogo di lavoro ed infine l’accordo, che segna un balzo indietro di 60 anni nelle relazioni tra padroni e operai, dei lavoratori del gruppo FIAT.
Ci adopereremo per difendere tutte le categorie di lavoratori, dagli operai metalmeccanici, ai facchini delle cooperative, ai precari, ai dipendenti pubblici, agli artigiani ed agli agricoltori. Schiacciati dall’ingranaggio perverso per cui il 10% della popolazione italiana detiene il 70% della ricchezza che viene prodotta nel nostro Paese, ci troviamo impoveriti e sempre più sfruttati.
Uno sfruttamento che assume sempre molteplici sfumature, ma il cui concetto rimane, immutato.
Il concetto di mercificazione del lavoro e di alienazione del lavoratore non sono vecchi rimasugli del secolo appena passato ma sono la più scottante e tremenda realtà di tutti i giorni, che viviamo sulla nostra pelle.
Noi lavoratori,studenti e cittadini italiani ma non solo: raramente si parla del lavoro svolto dalla popolazione immigrata, che invece sostiene con un grande contributo l’economia nazionale. O meglio, quando se ne parla, si vuole inquadrare la questione in un discorso di ordine pubblico e di sicurezza. La destra fascista e populista martella con i suoi mezzi di comunicazione la paura e il disagio che popolazioni differenti provocano nella nostra società: certo è pur vero che non è possibile continuare a ricevere un flusso migratorio di queste proporzioni. Perché non solo comporta un aumento della manodopera sfruttabile (in nero, altro gravissimo problema del nostro sistema) ma crea disagi e problemi di convivenza nei nostri quartieri. Non possiamo accettare questo gioco al ribasso sulla pelle dei lavoratori italiani e dei lavoratori stranieri. Un gioco che porta soltanto acqua al mulino di chi può continuare a sfruttare manodopera a basso costo per competere sul mercato mondiale. Un’altra zona d’ombra è quella della questione femminile: nel nostro Paese, come del resto in tutti i paesi capitalisti, lo sfruttamento e la discriminazione di genere sono evidenti, anche se preferiamo voltare lo sguardo e pontificare sulla condizione (e spesso sui loro usi,costumi e tradizioni) delle donne negli altri continenti. Ma se guardassimo le statistiche impietose che ci fornisce l’ISTAT potremmo capire che: nel 2007, quindi prima che la crisi colpisse l’economia mondiale, l’occupazione femminile era al 46,6% contro il 70,7% di quella maschile. Addirittura nel Sud Italia il tasso è del 31,1%!! Per non parlare del differenziale salariale tra i due sessi, intorno al 30%. Ma il discorso non si esaurisce a questi dati, che dovrebbero allarmare e mobilitare l’attenzione dei media e dei partiti, i quali purtroppo però, sono troppo impegnati a diffondere la propaganda statunitense e israeliana.
Il lavoro femminile infatti non è solo lavoro salariato. C'è una massa di attività sociale non retribuita che per la maggior parte è svolta dalle donne. Ma è un lavoro invisibile, generalmente disprezzato, svalutato, relegato ai margini della dimensione pubblica e sociale, messo in carico riduttivamente alla sfera del privato, indegno di considerazione teorica.
Parliamo del lavoro domestico che si somma al lavoro retribuito e che è diventato essenziale nella riproduzione della società e della qualità di vita di ciascuno di noi.
Parliamo del lavoro domestico che si somma al lavoro retribuito e che è diventato essenziale nella riproduzione della società e della qualità di vita di ciascuno di noi.
Negli studi di economia il processo di riproduzione sociale del lavoro non è messo a tema. C'era nelle teorie di Smith, Ricardo e Marx, in cui il salario era la sussistenza, ossia ciò che era convenzionalmente necessario a riprodurre il lavoratore e a metterlo in condizione di lavorare. Per gli economisti successivi il salario è deciso da domanda e offerta. E' il mercato che distribuisce i redditi. Il lavoro domestico e di cura serve da meccanismo di aggiustamento tra le risorse distribuite e la qualità della vita. Svelare allora le vite come terreno di conflitto politico e non solo di conflitti personali diventa sempre più essenziale con la crisi epocale di riproduzione sociale che si è appena aperta a livello globale.
Quindi soltanto un presa di coscienza della classe lavoratrice italiana potrà porre un argine alla violenza, perché di questo si tratta, della classe dominante. Una presa di coscienza di essere i protagonisti principali, in prima persona, di un cambiamento possibile che dovrà essere instillata dalla parte più avanzata, più preparata e combattiva della classe: il Partito Comunista. Spazzare via la rassegnazione di fronte a scelte calate dall’alto, che mettono a repentaglio una stessa dignitosa esistenza, per riprendere in mano e decidere del proprio futuro.
Un vecchio motto dei “padri” della cooperazione reggiana, nei primi del ‘900, recitava: “Uniti siamo tutto, divisi siamo niente!”.
Abbiamo ripreso quel percorso.
MAFIA
Abbiamo spesso sottovalutato la complessità di questo fenomeno, derubricandolo a problema regionale del nostro Sud Italia. Niente di più errato e controproducente. Come ci dimostra la realtà il problema è evidente anche nella nostra Reggio Emilia. Siamo stati e saremo promotori di iniziative per informare e sensibilizzare su questo aspetto del sistema capitalista, dai tratti prettamente italici.
Coerentemente al ruolo storico e politico del Fronte unico abbiamo stretto relazioni e collaboriamo attivamente con tutte quelle associazioni cittadine e nazionali sensibili al problema. Ed è il progetto che vogliamo continuare a costruire insieme. Quello che facciamo però non si limita a questo perché vogliamo superare il concetto di antimafia legato meramente alla legalità. Una “legalità” che non esita a reprime movimenti e istanze democratiche per chiudere spesso, non uno ma due occhi. Non siamo i difensori di questa legalità e non lo saremo mai. La mafia è diventata, grazie a precise scelte politiche che discendono dall’epoca giolittiana, passando per il fascismo e con la democrazia cristiana poi, uno Stato nello Stato. In cui i tratti folkoristici vengono enfatizzati per poter mascherare il problema di fondo, che è e rimane sempre il medesimo: la ricerca del profitto in tutti i modi possibili.
Quale esempio più calzante del problema “rifiuti”. Giornalisti e scrittori come Saviano e tanti altri hanno raccontato con dovizia di particolari del legame a doppio filo tra le organizzazioni mafiose e gli imprenditori del nord per lo smaltimento di migliaia di tonnellate di rifiuti.
Anche ora è chiaro che non si tratta di un problema di cattiva gestione dei rifiuti ma di un sistema votato a ridurre i costi con ogni mezzo, anche a costo di inquinare per centinaia di anni il nostro suolo e di provocare danni irreversibili alla popolazione.
Solamente estirpando le radici di questo meccanismo sarà possibile combattere e sconfiggere definitivamente la criminalità organizzata. Lo Stato, o meglio chi lo controlla, non ha nessun interesse a trovare una soluzione.
AMBIENTE
Il Fronte dei Giovani Comunisti ritiene che la tutela del nostro territorio sia un punto imprescindibile del nostro agire politico. Trovare la giusta sintesi tra sviluppo e rispetto per l’ambiente è possibilissimo. La cementificazione selvaggia del suolo, applicata anche nella nostra città è uno scandalo: si continuano a costruire quartieri su quartieri, quando vi sono più di 7.000 appartamenti sfitti e vuoti. Quando le persone che avevano acceso un mutuo per comprarsi la casa si sono trovati la proprietà acquisita dalla banca, non potendo più sostenere le rate. E’ il solito problema: a favore di chi vengono fatte queste opere? In favore dei cittadini che hanno diritto ad avere una dimora dignitosa? Oppure forse degli imprenditori edili, delle banche e degli speculatori edilizi?
Lo stesso problema che si pone sulla questione nucleare.
Abbiamo il diritto e il dovere di ragionare sulla questione in modo non dogmatico. Bisogna analizzare il nostro storico problema di approvvigionamento energetico e valutare quanto il nucleare possa essere una reale soluzione, tenendo conto dei costi e dell’impatto di questa scelta sull’uomo e sull’ambiente.
Non si può prescindere in ogni caso dallo sviluppo delle energie alternative che garantiranno risorse inesauribili e pulite: su questo bisogna investire e fare ricerca. I miglioramenti tecnologici sono già sensibili rispetto ai primi progetti, sia sul versante del rendimento che su quello della praticità.
SOVRANITA NAZIONALE
Il Fronte dei Giovani Comunisti ritiene che questo sia un problema centrale nella politica italiana. A partire proprio dalla questione energetica, che ci vede dipendenti dalle esportazioni dall’estero di gas e combustibili fossili, abbiamo perso ormai definitivamente ogni parvenza di sovranità.
Ancora peggio è stata la decisione presa a livello europeo di un controllo totale e vincolante delle nostre manovre economiche da parte della commissione europea e dei suoi organi. Appare chiaro che qualsiasi governo abbia questo compito (di qualsiasi schieramento) sarà solamente un paravento delle lobby economico finanziare europee: l’unico organo elettivo dell’Unione Europea è infatti il Parlamento Europeo, che è sostanzialmente un organo meramente consultivo. I membri della commissione europea, il vero organo decisionale e politico del sistema europeo vengono infatti nominata dai paesi dell’Unione Europea e non eletta dai Popoli d’Europa: queste persone “indipendenti” vengono sottoposte ad una accettazione pro forma da parte del Parlamento.
Siamo presenti in teatri di guerra in Medio Oriente ed Asia con i nostri contingenti militari, in barba ai dettami della carta costituzionale, per volere di un’organizzazione militare manovrata dagli Stati Uniti, la NATO. Per questo pretendiamo un’uscita del nostro Paese da tale organizzazione anticomunista e antipopolare, guerrafondaia e antistorica.
Avversiamo e ci opponiamo quindi all’imperialismo nella concezione leninista del termine: L'imperialismo è dunque il capitalismo giunto a quella fase di' sviluppo, in cui si è formato il dominio dei monopoli e del capitale finanziario, l'esportazione di capitale ha acquistato grande importanza, è cominciata la ripartizione del mondo tra i trust internazionali, ed è già compiuta la ripartizione dell'intera superficie terrestre tra i più grandi paesi capitalistici. Si tratta di appoggiare quei movimenti nazionali che tendono a indebolire, ad abbattere l’imperialismo e non viceversa a consolidarlo: questo anche se il carattere rivoluzionario del movimento nazionale non implica obbligatoriamente l’esistenza di elementi proletari nel movimento, l’esistenza di un programma rivoluzionario o repubblicano del movimento, l’esistenza di una base democratica del movimento.
CONCLUSIONE
Analizzando gli argomenti trattati brevemente in queste pagine siamo convinti che sia possibile e doveroso trovare e cercare un’alternativa. E l’unica alternativa possibile è il sistema economico,sociale e politico: il Socialismo. Esso è infatti l’unica soluzione secondo noi che possa mettere fine allo sfruttamento del lavoro e dei lavoratori, rendendo collettiva la proprietà dei mezzi di produzione. Una produzione non più votata alla ricerca del profitto di pochi ma al benessere di tutti; una produzione mirata e sostenibile, che produca il necessario e rispetti l’ambiente. Così come il resto: una scienza e una medicina che si sviluppino costantemente e messe al servizio dell’Uomo e non del guadagno di pochi. Una scuola pubblica che permetta ad ognuno, senza distinzione di sesso, di etnia, di nazionalità, di credo religioso di formarsi prima come persona e poi come cittadino. Un sistema realmente democratico, ben lontano dal teatrino sconsolante e avvilente che siamo costretti a subire quotidianamente, progressista e pacifico. Riscopriamo l’orgoglio delle nostre radici, delle esperienze e dei sacrifici che i nostri avi, i nostri nonni e i nostri padri hanno compiuto: la lotta partigiana e i valori che ha rappresentato sono ancora vivi.
I sette fratelli Cervi, i martiri del 7 luglio e tutti quanti hanno lottato per un mondo diverso, per un mondo migliore camminano, ora e sempre, a fianco a noi.