“ L’attacco alla Moncada ci ha insegnato a trasformare le sconfitte in vittorie. Non fu l’unica amara prova delle avversità, ma nessuna riuscì a contenere la lotta vittoriosa del nostro popolo. Trincee di idee furono più potenti delle trincee di pietra.”
Fidel Castro, 26 luglio 1973
di Plata
Dal 16 al 19 aprile si è tenuto a L’Havana il VI Congresso del Partito Comunista di Cuba, fatto idealmente coincidere con la Proclamazione del carattere Socialista della Rivoluzione e con le celebrazioni dei 50 anni dalla Vittoria di Playa Girón. Si è trattato di un Congresso fondamentale per il futuro del Paese, stretto tra la perdurante crisi economica mondiale e la continua aggressione da parte del potente vicino, gli Stati Uniti d’America.
Gli squilibri globali e la conseguente instabilità delle valute hanno comportato un forte calo delle esportazioni da Cuba ed un aumento dei prezzi delle merci importate, a loro volta in diminuzione. Ciò ha causato un arresto della crescita del Pil, che solo nel 2006 si attestava attorno al 12%, crollato a livelli decisamente bassi: dal 2009 ad oggi infatti il tasso di crescita è solamente del 1,5%, che per molti paesi capitalisti della vecchia Europa rappresenterebbe al contrario un grande risultato. Proprio per superare questa situazione che ha origine dalla più profonda crisi che il sistema capitalista abbia mai affrontato ( e che stanno pagando a carissimo prezzo tutti i lavoratori, gli studenti, i pensionati e i disoccupati ), Cuba ha dovuto mettere in atto un processo di critica e autocritica molto duro ma onesto: lo stimolo all’economia socialista, in questo determinato momento, non poteva più provenire dall’interno ma dall’afflusso di capitali esteri, esattamente come accade nella maggior parte degli altri stati socialisti ( Cina e Vietnam in primis ) e come fu costretto a fare il primo paese socialista della storia, l’URSS nel 1924. Tutto ciò per poter aumentare la competitività interna, accresce il dinamismo del sistema e creare nuovi posti di lavoro, nonostante il tasso di disoccupazione sia in realtà bassissimo. Ma è chiaro come a Cuba, anche una percentuale così bassa (stiamo infatti parlando di un tasso di disoccupazione che si attesta attorno al 2%) non possa considerarsi un successo e come gli sforzi del governo si concentrino anche in questa direzione.
Secondo la maggior parte dei giornalisti, degli economisti, degli opinionisti occidentali, il destino di Cuba sarebbe ineluttabilmente scritto. Cos’altro possono rappresentare le recenti aperture di Raul Castro e del PCC al mercato? Altro non sarebbero che la continuazione politica della direzione intrapresa all’inizio del “periodo especial” nel 1990: tagli alla spesa pubblica, un minor ruolo dello stato nell’economia, maggiore libertà di iniziativa economica e apertura ai capitali provenienti dall’estero. Il modello di “sviluppo” capitalistico, introdotto sull’isola dall’enorme afflusso di turisti, rappresenterebbe uno stimolo inarrestabile soprattutto per le giovani generazioni attratte dal consumismo e dalle “libertà” occidentali.
L’originalità non è decisamente il punto di forza di costoro: dal 1959 infatti, Cuba e la sua Rivoluzione sarebbero già dovuti crollare sotto il peso della dittatura e della povertà. Il primo di questi “profeti” fu proprio l’uomo degli Stati Uniti a Cuba, il dittatore Fulgencio Batista:
“Fidel Castro rimarrà al potere al massimo per un anno.”
Fidel compie oggi 85 anni, la maggior parte dei quali spesi per Cuba e il suo popolo. Uno dei più carismatici e intelligenti uomini politici che la storia moderna ci abbia consegnato: insieme a rivoluzionari del calibro e della grandezza di Guevara e Cienfeguos ha aiutato la sua gente a liberarsi dal giogo imperialista. Ha difeso la nascente nazione cubana dagli attacchi militari ed economici di chi vedeva un pericolo costante, una minaccia mondiale, nella voglia di autodeterminazione e indipendenza di questa isola caraibica. Alfiere delle libertà delle popolazioni oppresse dell’America latina così come di quelle africane e asiatiche, stritolate dal capitalismo assassino, e sostenitore di ogni movimento rivoluzionario. Così ne parla Nelson Mandela:
"Fidel Castro è uno dei miei migliori amici. Sono orgoglioso di essere tra coloro che sostengono il diritto dei cubani di scegliere il proprio destino. [..] I cubani ci ha dato le risorse finanziare e la formazione per combattere e vincere. Io sono una persona leale e mai dimenticherò che nei momenti più bui del nostro paese nella lotta contro l'apartheid, Fidel Castro è stato dalla nostra parte. "
Leader Maximo di un piccolo Stato, fondato sul Poder popular, sulla democrazia partecipativa di tutti i cittadini a prescindere da sesso,razza,religione,censo o appartenenza politica. In cui la sanità e l’istruzione non sono privilegio di pochi, ma diritto di tutti: ovviamente gratuite e con elevatissimi livelli di qualità, riconosciuti in tutto il mondo. Leader di un Paese in cui i problemi non mancano, senza dubbio, ma dove il processo rivoluzionario ha insegnato ad affrontarli con coraggio e onestà. Rivolto agli studenti disse:
“ Essi (gli Stati Uniti,ndr) non potranno mai distruggerci. Ma questo Paese si può auto-distruggere..noi possiamo distruggere noi stessi, e sarebbe soltanto colpa nostra.”
Militante del Partito Comunista Cubano e soldato delle idee, come si ama definire, continua con la sua penna e la sua intelligenza a mettere a nudo le ipocrisie e le barbarie del sistema capitalista, nella durissima e continua battaglia delle idee. Battaglia dalla quale il compagno Fidel non si è mai ritirato, nemmeno nei momenti più difficili. Come diceva Bouteflika, Fidel viaggia verso il futuro, torna indietro e ce lo spiega.
“E’ davvero sorprendente che sistema di merda sia il capitalismo, che non può garantire al suo stesso popolo un posto di lavoro, non può garantire la salute, l'istruzione adeguata, che non può evitare di rovinare i giovani con la droga, con il gioco e con i vizi di ogni genere. "
Viva Fidel!
Viva la Revolucion cubana!
Hasta la Victoria! Siempre!
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