lunedì 21 maggio 2012

E’ ORA DI ORGANIZZARSI

Appello di Senza Tregua per la costruzione della Gioventù Comunista. Per chiunque volesse aderire

collettivosenzatregua@hotmail.it.

La crisi del sistema capitalistico è appena iniziata. Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna ed Italia; non sono un elenco di paesi, ma delle tappe di un processo in cui il capitalismo finanziario e i grandi monopòli porteranno l’attacco a ciò che rimane dei diritti e delle tutele conquistate dal movimento operaio e dalle lotte del secolo scorso. È un processo in cui siamo già immersi, ma che conoscerà un’accelerazione impressionante nei prossimi mesi. Mai come oggi le ragioni delle nostre idee sono attuali. A vent’anni di distanza dalla caduta dell’Unione Sovietica e del socialismo nei paesi dell’est Europa, mai come oggi vale lo slogan: “socialismo o barbarie”.

In questo processo la condizione dei giovani lavoratori, degli studenti, degli universitari, dei sempre più giovani disoccupati è la testimonianza diretta del fallimento storico del capitalismo. Le lotte sociali scoppiate, spesso con forza – basta pensare al 14 dicembre e al 15 ottobre a Roma – sono il sintomo della presenza di un conflitto latente pronto a scoppiare in tutta la sua forza, in modo spontaneo e frammentario. Nostro dovere è oggi dare una prospettiva concreta a queste lotte.  Incanalare la forza espressa da centinaia di migliaia di giovani in un progetto politico duraturo, che si ponga come obiettivo chiaro la fine del sistema capitalistico.

Per fare questo abbiamo solo un’arma: l’organizzazione.

Come “Senza Tregua” in questi anni abbiamo raggiunto obiettivi importanti. Non era scontato riuscire ad aggregare così tanti giovani, combattendo giorno dopo giorno la propaganda anticomunista diffusa per venti anni. Importanti risultati sono stati conseguiti sul piano della lotta, nell’acquisizione della coscienza della stretta connessione tra le lotte di ogni giorno e la prospettiva del cambiamento di sistema, e persino a livello elettorale nelle elezioni per la consulta provinciale. Ma siamo anche ben coscienti dei nostri limiti, e della enorme sproporzione che esiste tra il nostro nemico e noi, della necessità in Italia della creazione e dello sviluppo di un Partito Comunista forte e radicato, che abbia un chiaro fine rivoluzionario, e siamo consapevoli che abbiamo il dovere di fronte alla storia di compiere oggi un passo importante.

Facciamo appello a tutti i compagni, ai collettivi, alle associazioni, con cui in questi anni abbiamo condotto battaglie comuni, a tutti i giovani militanti comunisti, perché insieme si avvii il processo di costruzione della gioventù comunista, organizzazione di classe dei giovani lavoratori, degli studenti, degli universitari dei giovani senza lavoro, il cui obiettivo dichiarato sarà organizzare i giovani per combattere il capitalismo. Vogliamo un’organizzazione radicata nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle facoltà, per portare la lotta al centro della società, presente sui territori per contrastare con forza l’illusione che il fascismo diffonde nei nostri quartieri. Immaginiamo una struttura autonoma, che si confronti con pari dignità con i processi di costruzione del Partito Comunista in Italia. In questo percorso, noi partiremo dai giovani, che oggi più di tutti soffrono lo schiacciamento imposto dal capitalismo. La nostra precisa scelta è quella di non presentare un documento politico in questo appello, ma di lavorare alla redazione di un’analisi complessiva con tutti i compagni che intenderanno partecipare a questo percorso. Ci limitiamo ad alcuni “paletti” che a nostro parere sono essenziali per capire la natura dell’organizzazione che vogliamo costruire:

-       lo spazio per illusioni riformiste è definitivamente caduto. Nell’attuale fase il capitalismo si mostra nella sua vera natura predatoria, riprendendo con gli interessi quanto aveva concesso nel dopoguerra, quando lo spettro dell’Unione Sovietica, era la consapevolezza quotidiana di poter perdere tutto. Oggi la Gioventù Comunista dovrà fare proprio un programma dichiaratamente rivoluzionario, che rompa senza indugio con ogni forma di alleanza con organizzazioni e partiti politici compromessi con l’attuale sistema economico e politico, anche a livello dei rispettivi movimenti giovanili;

-       la contrarietà all’Unione Europea, e la lotta per la conquista della sovranità popolare sono fattori fondamentali in questa fase, che abbiamo il dovere storico di non lasciare al populismo reazionario fascista e ai movimenti di estrema destra. L’UE non ha nulla a che vedere con la nostra visione internazionalista. Essa è al contrario un’organizzazione imperialista, nata sulla base di precisi interessi economici, che impone questi interessi anche a costo dell’utilizzo delle armi. L’Unione Europea non può essere riformata, solo la disarticolazione della UE, e di tutto ciò che rappresenta, è il presupposto per la creazione di un’Europa unita e socialista;

-       Il riconoscimento del marxismo-leninismo come “cassetta degli attrezzi” indispensabile per una corretta lettura della società e per una corretta azione nella direzione del cambiamento rivoluzionario.

-       Il rifiuto di ogni guerra imperialista, nello specifico di quelle che sono in preparazione contro Siria ed Iran, ed il sostegno all’esperienza dei paesi socialisti, Cuba in primis, contro l’imperialismo capitalista.

Su tutto il resto siamo pronti a discutere, convinti che in questa fase sia necessario limare il più possibile le differenze tra chi condivide questo programma di massima, fare sintesi e discutere, senza escludere a priori qualsiasi tipo di discussione.  Per questo invitiamo i compagni interessati a contattarci, per costruire insieme una grande assemblea di discussione a Roma nel mese di giugno, che dia l’avvio al processo di costruzione della Gioventù Comunista. Bisogna rompere ogni indugio, rigettare ogni impulso di chiusura, frutto di questi anni di sconfitta; è arrivato il momento di organizzare la nostra lotta.

E ad iniziare non possiamo che essere noi giovani, perché il comunismo è la gioventù del mondo.

Collettivo “Senza Tregua” Roma.

giovedì 3 maggio 2012

II República Española–Regeneracion democratica y manifesto per la III República

di Maria Josè Duran

REGENERACION DEMOCRATICA Y MANIFIESTO POR LA III REPUBLICA ESPAñOLA

Ahora la sociedad se encuentra, de nuevo, en una fase de profundo hartazgo con el (otra vez) sistema caciquil (o de amiguismo) y la presencia de corrupción generaliza en todos los ambientes (político, policial, judicial, empresarial, administrativo, real…).

Se abre la dicotomía de continuar con la Tercera Dictadura, de futuro más que incierto por los costes que está suponiendo a los ciudadanos, o abrir las puertas a la llegada de la Tercera República, dónde la lucha contra la corrupción y la desigualdad social, así como el establecimiento de una democracia real con control popular y el mantenimiento de los derechos sociales sean sus principales banderas. De ser así, esperamos que llegue pronto de forma tan pacífica y festiva como lo hizo la Segunda en 1931.

Nos encontramos en un momento crucial en la historia de España. Una nueva generación, a la que no le tocó firmar una amnesia que dura ya tres décadas, empieza a recuperar la memoria y a plantear lo que entonces no estaba permitido.

Poco a poco, el cuestionamiento de una institución impuesta por el franquismo se hace cada vez más fuerte, a pesar de que nuevas leyes gubernamentales y nuevas decisiones judiciales intenten defender lo que cada vez es más indefendible. La República cobra actualidad y abandona poco a poco el rincón de las utopías para convertirse en una posibilidad cada vez más real.

Estamos convencidos de que los poderes fácticos consideran la República como un probable escenario a medio plazo, y sin duda apostarán por ésta en la medida que le permita mantener sus privilegios. Es por ello que consideramos imprescindible que la ciudadanía asuma el protagonismo en la lucha por la República y lidere un movimiento de regeneración política y social.

Nos manifestamos, por tanto, a favor de todas las iniciativas políticas y ciudadanas de carácter pacifico y democrático a favor de la República, mostrando nuestro apoyo a los Ayuntamientos y cargos públicos que desde el 26 de Julio de 2007 vienen sumándose, a través de sus plenos municipales, a la exigencia de un Proceso Constituyente, y llamamos a los representantes políticos, al mundo académico, científico, de la Universidad, periodístico, cultural, sindical... y a todos los ciudadanos y ciudadanas en general, a hacer suya dicha exigencia. Hacemos un llamamiento a la defensa de la inteligencia y convocamos al pueblo español a la defensa de unos valores que nos permitirán construir un país más libre, más fraternal, más justo y más democrático, que abrirá las puertas a todas las posibilidades creadoras de España en el porvenir.

II República Española – Historia del 14 de abril

di Maria Josè Duran

HISTORIA DEL 14 DE ABRIL

La II República fue un periodo de la historia de España que comenzó el 14 de abril de 1931. Aquel día, muchos habitantes de las principales ciudades del país manifestaron una gran alegría. Ese periodo finalizó por la más cruel experiencia posible entre compatriotas: una guerra civil. La Guerra Civil española (1936-1939) puso fin a la II República y al intento de convertir España en un país moderno y democrático.

El 12 de Abril de 1931, cuando en España reinaba Alfonso XIII, se celebraron unas elecciones municipales que resultarían fundamentales para la historia de España. En ellas, los republicanos y los socialistas obtuvieron buenos resultados en las principales ciudades del país. Alfonso XIII pensó que los españoles no querían que siguiera la monarquía; por eso, se marchó de España y renunció a la corona. Muy poco tiempo después, el 14 de abril de 1931, se proclamaba la República

Hasta la aprobación de la Constitución de 1931 se estableció un gobierno provisional, presidido primero por Alcalá Zamora y luego por Azaña. Con este último se inició una clara laicización del Estado, en tanto se intentaba solucionar el problema campesino (Ley de Reforma Agraria, 1932) y se concedía a Cataluña un estatuto autonómico (1932), en abierta oposición política y económica con la derecha. Los gobernantes republicanos, dotados de un amplio respaldo democrático tras las primeras elecciones parlamentarias, parecían en condiciones de poner en marcha o acelerar muchos de los procesos de modernización política y socioeconómica por los que venían clamando desde hacía décadas las mentes más lúcidas del país: una reforma del sistema representativo, que terminara con las lacras del caciquismo y consolidara un sistema de partidos de masas; un nuevo modelo de Administración civil y militar, que dotara al Estado de mayor eficacia y que, al tiempo, lo descentralizara, abriendo paso a procesos de regionalización y autogobierno; un nuevo marco de relaciones laborales, que mejorara las condiciones angustiosas de gran parte de la población asalariada; una reforma agraria, que satisficiera las demandas de tierra del campesinado y facilitara la racionalización de la agricultura; procesos de secularización, que pusieran fin al tradicional contubernio entre la Iglesia católica y el Estado monárquico.

La intentona insurreccionista de Sanjurjo (agosto de 1932) fracasó. La victoria de la derecha en las elecciones legislativas de noviembre de 1933 marcó un total retroceso en las reformas que se habían llevado a cabo anteriormente respecto a temas tan importantes como la Iglesia, la reforma agraria y el ejército. La entrada de cedistas en el gobierno radical de Lerroux motivó los alzamientos revolucionarios de Asturias y Cataluña en octubre de 1934 y la consiguiente represión.

En las elecciones de febrero de 1936 triunfó el Frente Popular, grupo que estaba formado por casi todos los partidos republicanos y de izquierdas, que se habían presentado unidos. Entre ellos, Acción Republicana (el partido de Manuel Azaña), el Partido Socialista Obrero Español (PSOE) y el Partido Comunista de España (PCE). La República formó un gobierno de concentración con el socialista Largo Caballero al frente, en busca de apoyo internacional. solo la U.R.S.S. y las brigadas internacionales ayudaron a la República; el Comité Internacional de No Intervención impidió la colaboración con los bandos enfrentados, pero Alemania, Italia y Portugal apoyaron al bando nacionalista.

Así, en julio de 1936, se produjo el golpe militar que dio comienzo a la Guerra Civil española (1936-1939). Durante el enfrentamiento, hubo tres presidentes del gobierno republicano: José Giral (1936) y los socialistas Francisco Largo Caballero (1936-1937) y Juan Negrín (1937-1939).

El fracaso del golpe militar desencadenó en la zona republicana una verdadera revolución social.

Los comités de los partidos y sindicatos obreros pasaron a controlar los elementos esenciales de la economía: transportes, suministros militares, centros de producción. Mientras el gobierno se limitaba a ratificar legalmente lo que los comités hacían de hecho. En el campo, tuvo lugar una ocupación masiva de fincas. Las grandes propiedades y, en algún caso, las medianas y pequeñas. En las zonas donde predominaban los socialistas se llevó a cabo la socialización de la tierra y su producción. En las zonas de hegemonía anarquista tuvo lugar una colectivización total de la propiedad. En algunos casos, se llegó incluso a abolir el dinero.

En septiembre de 1936 se estableció un gobierno de unidad, presidido por el socialista Largo Caballero y con ministros del PSOE, PCE, Izquierda Republicana y grupos nacionalistas vascos y catalanes. En noviembre se incorporaron cuatro dirigentes anarquistas, entre ellos Federica Montseny, la primera mujer ministro en España.

El gran desafío del nuevo gobierno era recuperar el control de la situación y crear una estructura de poder centralizada que pudiera dirigir de forma eficiente el esfuerzo de guerra. La tarea era enorme difícil. El poder estaba en manos de miles de comités obreros y milicias que a menudo se enfrentaban entre sí, especialmente los anarquistas con socialistas y comunistas. Los gobiernos autónomos eran otro factor de disgregación. No sin dudas, el nacionalismo vasco había optado por apoyar la República y en octubre se aprobó el Estatuto vasco. Jose Antonio Aguirre se convirtió en el primer lehendakari o presidente del gobierno autónomo.

En la zona republicana se enfrentaron básicamente dos modelos. Por un lado, la CNT-FAI y POUM que emprendieron la inmediata colectivización de tierras y fábricas. Su lema era "Revolución y guerra al mismo tiempo". Su zona de hegemonía fue Cataluña, Aragón y Valencia. Por otro lado, el PSOE y el PCE intentaron restaurar el orden y centralizar la toma de decisiones en el gobierno, respetando la pequeña y mediana propiedad. Su lema era "Primero la guerra y después la revolución".

spagna-repubblicanaLas disensiones internas fueron continuas y llegaron a su momento clave en Barcelona en mayo de 1937. El gobierno de la Generalitat, siguiendo instrucciones del gobierno central, trató de tomar el control de la Telefónica de Barcelona, en manos de un comité de la CNT desde el inicio de la guerra. El intento desencadenó una insurrección y los combates callejeros se extendieron por Barcelona.  La crisis de Mayo de 1937, provocó la dimisión del gobierno de Largo Caballero. El nuevo gobierno presidido por el socialista Negrín, tenía una mayoría de ministros del PSOE, pero se inclinaba cada vez más hacia las posturas defendidas por el PCE. La ayuda soviética había hecho que los comunistas pasaran de ser un grupo minoritario a una fuerza muy influyente. Los enfrentamientos entre stalinistas y trostkistas se re reprodujeron en suelo español. El POUM fue ilegalizado y su dirigente, Andreu Nin, "desapareció" estando en manos de agentes soviéticos.

Aunque ya era tarde para cambiar el signo de la guerra, a partir de ese momento se impuso una mayor centralización en la dirección de la economía y se terminó de construir el Ejército Popular, acabando con la indisciplina de las milicias. A partir de marzo de 1938, momento en el que las tropas de Franco llegaron al Mediterráneo y dividieron en dos la zona republicana, surgieron de nuevo dos posturas enfrentadas. Mientras la postura oficial, representada por Negrín y apoyada por el PCE y parte del PSOE, seguía defendiendo la "resistencia a ultranza", algunos dirigentes, anarquistas y socialistas, empiezan a hablar de la necesidad de negociar ante la perspectiva de la segura derrota.

Los acontecimientos internacionales: el Pacto de Munich en septiembre de 1938, la retirada de las Brigadas Internacionales, la disminución de la ayuda soviética; y los internos: la caída de Cataluña, reforzaron la idea de que la guerra estaba perdida. Así, en marzo de 1939 el golpe del coronel Casado desalojó del poder a Negrín. La esperanza de negociar con Franco se disipó inmediatamente, cuando el dictador exigió la rendición incondicional.