Da dove nasce il “movimento”
Con lo svilupparsi della crisi e l’esplodere dei primi effetti concreti sulla popolazione, negli ultimi anni, in particolare dal 2011 si sono sviluppati una serie di movimenti sociali che hanno visto il loro apice nei paesi PIIGS e negli Stati Uniti: il Movimento Indignados e Occupy Wall Street.
La crisi sta colpendo in maniera molto dura sia i settori proletari della società che i ceti medi e piccolo borghesi. Le dimensioni di massa (soprattutto in Spagna) che hanno assunto questi movimenti di protesta sono il sintomo di un malessere sociale rilevante, di una invocazione di cambiamento che si esprime come sa e come può. Questi movimenti sono frutto del peggioramento delle condizioni vita, dalla precarietà e disoccupazione, della proletarizzazione e pauperizzazione della classe media, che comporta per migliaia di famiglie la perdita costante del loro “potere d’acquisto”, e sono nati sulla base dello spontaneismo che rispecchia questa realtà. Una, se non la principale, parola d’ordine uscita da queste proteste, fatta propria anche da molti movimenti antagonisti e organizzazioni politiche e sociali di sinistra è stata “noi siamo il 99% contro l’1%”. Alla vigilia delle mobilitazioni d’Ottobre e della costruzione del conflitto sociale e di classe nel nostro paese e continente, che passa dal lavoro di classe quotidiano e non dalle sole giornate di piazza, riteniamo doveroso soffermarci su questa parola d’ordine.
La piccola borghesia in via di proletarizzazione è stata egemone nelle prime risposte spontanee alla crisi: è infatti il settore sociale che si mobilita prima in quanto munito di maggiori mezzi culturali, della chiara consapevolezza nel difendere una posizione sociale in corso di stritolamento. Questo settore è alla ricerca di soluzioni caratterizzate, naturalmente, dal suo punto di vista sociale, che non può che essere predominato dal desiderio di una forma di gestione diversa dall’attuale, dalla visione a-classista della società, dalla ricerca di soluzioni immediate, senza rottura, che possono arrestarne il declino, identificando il problema di fondo nei “politici corrotti”, nel “banchiere arraffone”, nella “finanza cattiva” e in una “democrazia falsa” ossia elementi oggettivamente parassitari che si formano nel capitalismo giunto alla sua fase di “dominio dei monopoli e del capitale finanziario”(cit. Lenin).. La parola d’ordine “siamo il 99%” è frutto sostanzialmente di questa visione e desiderio di un capitalismo “diverso”, purificato dall’1% che pregiudica il “capitalismo produttivo”.
Ma la profonda debolezza teorica sta nel vedere questi elementi come un qualcosa di estraneo al sistema e non come di un qualcosa legato strutturalmente al modo di produzione capitalista giunto a questa fase di sviluppo: si crea la visione che lavoratori e padroni siano alleati, si indirizza la rabbia sociale sotto forma di “indignazione” contro alcuni soggetti e non contro il sistema, si fa l’apologia di un passato da far rivivere con uno stato sociale che garantiva benessere alla classe media e all’aristocrazia operaia. Pertanto, non è in contestazione il capitalismo in sé, che è buono, secondo queste tesi, sino a quando garantisce una soddisfacente fetta di torta a ciascuno ma altresì il lato malato di un fantomatico capitalismo finanziario.
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