In questi anni, dalla caduta del 
socialismo reale nei paesi dell’est Europa ad oggi, abbiamo assistito ad
 un’ondata di revisionismo storico sui fatti della seconda guerra 
mondiale che non ha precedenti. Il revisionismo storico ha come 
principale obiettivo la condanna del comunismo e delle azioni dei 
partigiani comunisti, contestualmente alla riabilitazione di personalità
 compromesse con i regimi fascisti e nazisti, l’equiparazione dei 
partigiani con i militanti fascisti. La crisi economica del capitalismo e
 l’incapacità di questo sistema di uscire dalle sue contraddizioni, 
spingono i governi ad aumentare le politiche anticomuniste e le campagne
 revisioniste, per distruggere nei lavoratori l’idea di un’uscita dalla 
crisi in senso comunista.
Anche le vicende del confine 
Italo-Jugoslavo sono state utilizzate a pretesto di questa operazione, 
al fine di equiparare l’esercito partigiano jugoslavo a quello fascista,
 nascondendo le responsabilità storiche dell’Italia nel periodo 
fascista, facendo passare i carnefici per vittime, i liberatori per 
invasori. Nel 2004 in Italia su pressione delle forze di destra, e con 
la complice accettazione dei partiti di centrosinistra, è stata 
istituita la “Giornata del Ricordo” che il 10 febbraio di ogni anno 
commemora le vittime del confine orientale nelle foibe e gli esuli dai 
territori istriani e dalmati.
La questione delle foibe, viene 
completamente manipolata. Le ‘vittime’ processate dai partigiani, (non 
più di 700 documentate) erano state in buona parte a loro volta 
carnefici, tanto che i premiati per il Giorno del Ricordo sono in 
prevalenza militi repubblichini. Il numero delle vittime aumentato 
decine e decine di volte rispetto alle stime storiche, al fine di 
equiparare artificiosamente le vicende del confine Italo –Jugoslavo con 
la portata dei crimini nazi-fascisti. Viene rimosso il legame con il 
regime fascista della stragrande maggioranza dei prigionieri politici 
uccisi per rappresaglia, e addebitati ai partigiani delitti comuni al 
fine di gonfiare arbitrariamente il numero delle vittime, e dare 
l’impressione di una  guerra etnica contro gli italiani. Così anche le 
motivazioni e i numeri del famigerato “esodo” sono anch’essi inventati e
 strumentalizzati. Le autorità Jugoslave, al contrario di quanto viene 
detto sulla presunta ed inventata pulizia etnica, fecero di tutto per 
far rimanere la popolazione italiana in Jugoslavia, come negare e 
ritardare il rilascio dei necessari documenti per l’espatrio. Decine di 
migliaia di italiani continuarono a vivere in Jugoslavia ed oltre un 
migliaio addirittura vi emigrò dall’Italia.
Al contrario nulla viene detto 
dell’italianizzazione forzata, dei campi di concentramento, della 
sistematica uccisione dei dissidenti politici, della vera guerra etnica 
che anni prima il regime fascista combatté contro le popolazioni 
jugoslave dei territori annessi all’Italia. Mentre oggi si criminalizza 
il ruolo delle forze partigiane italiane e jugoslave che insieme 
liberarono l’Italia nord orientale dalla schiavitù nazi-fascista, si 
dimenticano le parole che Mussolini pronunciò riferendosi alla politica 
da tenere nei confronti delle popolazioni jugoslave nei territori 
italiani: «Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava 
non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del 
bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le
 Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 
50.000 italiani». Non si trattava solo di un’affermazione, ma di 
una precisa politica che lo stato fascista perseguì nei confronti delle 
popolazioni jugoslave, con l’apertura di campi di concentramento a 
Kraljevica, Lopud, Kupari, Korica, Brac, Hvar, Rab (isola di Arbe) nei 
quali furono internati migliaia di prigionieri politici e cittadini che 
si opponevano alla politica fascista. Parole tradotte in azione dai 
generali fascisti dell’esercito italiano, come quando il Generale 
Robotti sosteneva in una circolare militare che «si ammazza troppo 
poco», riferendosi alla situazione delle province jugoslave.I crimini 
nazi-fascisti vengono accuratamente nascosti e si tenta di far passare i
 partigiani italiani e jugoslavi che combatterono gli eserciti del Reich
 e della Repubblica Sociale Italiana come assassini, eludendo così le 
responsabilità storiche e politiche del fascismo, che sono responsabili 
di quanto accadde.
Come organizzazioni giovanili di diversi
 paesi coinvolti nelle vicende del confine Italo-Jugoslavo, confermando 
la nostra amicizia e la reciproca solidarietà ed azione comune, ci 
impegniamo a:
-       Difendere la memoria della lotta
 partigiana e del ruolo primario dei comunisti nella liberazione dal 
fascismo, oggi minacciata dal revisionismo e dal tentativo di 
equiparazione storica tra fascismo e comunismo, aumentando le azioni 
comuni in difesa della memoria storica e del contributo dei partigiani 
comunisti jugoslavi ed italiani alle lotte di liberazione nei nostri 
paesi;
-       Rigettare ogni forma di 
nazionalismo, rifugio di un capitalismo in crisi, e ogni conflitto tra i
 nostri popoli, sviluppando a partire dalle nostre organizzazioni la più
 alta forma di solidarietà e internazionalismo proletario, lavorando 
assieme affinché i nostri popoli possano vivere un futuro di pace e 
cooperazione solidale;
-       Diffondere tra le nuove 
generazioni la memoria storica e insieme ad essa la consapevolezza che 
solo il socialismo può rappresentare la liberazione reale dei popoli 
dalla schiavitù e dalla minaccia sempre attuale della guerra, imposta 
per gli interessi dei monopoli e a danno dei lavoratori e dei popoli.
Morte al fascismo, libertà al popolo!  - Smrt fašizmu, Sloboda narodu!
FGC – Fronte della Gioventù Comunista (Italia) – SKOJ – Lega della Gioventù Comunista di Jugoslavia (Serbia) – MS – Gioventù Socialista (Croazia)
 

 

