«Noi non vogliamo trovare un posto in questa società , ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto.»
di Federica Savino
Baluardo della libera informazione, protagonista delle lotte studentesche del ’68, tra i fondatori nell’autunno del ’69 del movimento Lotta Continua, ideatore a Milano del primo centro sociale il Macondo. Tra il 71 e il 74 si recò diverse volte in Sicilia, dove insieme al compagno Peppino Impastato organizzava i disoccupati e i senza tetto di Palermo.
Torinese di nascita ma siciliano per scelta; dopo un’esperienza in India nella comunità degli “arancioni” di Osho Mauro Rostagno si trasferisce a Trapani dove nel 1981 fonda il centro Saman, un luogo di aggregazione che presto diverrà un centro di accoglienza e di recupero dei tossicodipendenti. È qui che gestisce un programma giornalistico di denuncia nell’emittente televisiva trapanese RTC. Quello che Peppino Impastato faceva dietro ai microfoni di Radio Aut, Mauro Rostagno lo faceva dietro lo schermo della televisione; denunciare le aspre contraddizioni che lacerano il nostro paese, una dura lotta contro la mafia che violenta la penisola.
Proprio tornando a casa da una sua trasmissioni il 26 settembre del 1988 il giornalista fu ucciso. La prima a soccorrerlo fu sua moglie Chicca, sulla quale cadde poi l’accusa di omicidio. I mandanti dell’omicidio furono ricercati anche tra le file dei compagni di Lotta Continua.
A febbraio di quest’anno, ventitre anni dopo, in aula il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e il sostituto procuratore Gaetano Paci accusano Vincenzo Virra, capo mafia di Trapani, e il killer della cosca Vito Mazzara dell’omicidio di Mauro Rostagno. «Rostagno – dice il pm Paci – è stato ucciso dalla mafia perché faceva paura come giornalista, a Trapani come dimostrato in altre sentenze c’era insediato un sistema di potere che aveva paura che Rostagno diventasse specchio di quella realtà criminale, che la raccontasse con fin troppa dovizia di particolari in tv».
Uccidere per impedire ad un uomo coraggioso di far emergere la verità, di risvegliare le coscienze attraverso uno sguardo critico alla società italiana. Mauro Rostagno, Peppino Impastato, Giancarlo Siani, sono solo alcune delle vittime della mafia, uccisi per impedirgli di raccontare la verità.
Salutiamo Mauro e insieme a lui vogliamo ricordare tutti quegli uomini e quelle donne che hanno lottato per creare una società in cui valga la pena trovare un posto.
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