di Emiliano Cervi
 
Il 10 giugno del 2012 nasceva a Roma il 
Fronte della Gioventù Comunista. In occasione di questo anniversario 
abbiamo intervistato il segretario nazionale del FGC, Alessandro 
Mustillo. Un momento utile per un bilancio di due anni di attività, per 
un’analisi della situazione attuale e degli obiettivi futuri della 
gioventù comunista.  
A due anni dalla nascita del progetto
 FGC qual è il tuo giudizio generale sull’operato e lo stato 
dell’organizzazione? Quali sono a tuo parere i punti di forza e dove 
invece ancora si deve lavorare?
Il bilancio è certamente molto positivo 
per quello che siamo riusciti a fare, anche se siamo ben consapevoli che
 la fase attuale richiederebbe un lavoro e una capacità di incidere 
nella società da parte dei comunisti ben più grande di quella che siamo 
ancora in grado di esprimere. Il disastro di questi ultimi anni ha 
radici profonde e ha lasciato tracce evidenti, che richiedono tempo e 
lavoro per essere cancellate. Lo sapevano allora, ne siamo ancora più 
certi adesso. Ma abbiamo ricostruito la gioventù comunista in Italia e 
questo era un primo passo fondamentale, una scommessa vinta. E dobbiamo 
prendercene il merito, collettivamente. Un merito che va prima di tutto 
ai nostri compagni che sui territori lavorano tra le mille difficoltà e 
che nonostante tutto hanno reso possibili risultati impensabili fino a 
poco tempo fa.
Il Fronte ha rappresentato un’inversione
 di tendenza, sia nel processo unitario dei comunisti, sia nella chiara 
indicazione del marxismo-leninismo come linea politica, ed ha dimostrato
 che tra i giovani è possibile costruire un’organizzazione comunista. Il
 lavoro che abbiamo da fare è ancora tantissimo ma se guardo a questi 
due anni vedo molti successi e davvero un grande salto di qualità. Alle 
elezioni studentesche siamo andati oltre le nostre aspettative e i 
margini di miglioramento sono ampi. Nelle scuole creiamo collettivi, 
promuoviamo agitazione politica come poche organizzazioni in Italia. 
Iniziamo a costruire cellule nei luoghi di lavoro. L’età media della 
nostra organizzazione è al di sotto dei diciotto anni, abbiamo decine di
 militanti che saranno un domani ottimi quadri e dirigenti comunisti. Il
 numero delle nostre federazioni provinciali è più che quadruplicato, 
ora si tratta di raggiungere un livello omogeneo di attività politica.
Quest’anno abbiamo dedicato molte 
energie alla formazione politica, all’attivazione del giornale Senza 
Tregua, a organizzare le cellule di lavoro. Nei prossimi mesi dobbiamo 
concentrare la nostra forza ulteriormente sui giovani lavoratori, sui 
precari, sulla questione della disoccupazione. Anche dal punto di vista 
della lotta bisogna alzare il livello delle nostre capacità di 
mobilitazione, in vista del semestre europeo di presidenza italiana 
della UE. Così come sarà necessaria una maggiore strutturazione interna,
 investire su attività di tipo ricreativo, sportivo, culturale per 
avvicinare giovani e strapparli al disagio sociale in cui il capitalismo
 sta costringendo una generazione, togliere ulteriormente terreno 
all’estrema destra. In questo molto è già stato fatto. Penso ai tanti 
giovani delle periferie delle città metropolitane che entrano con noi. 
Persino alla vittoria nella consulta di Latina storicamente città di 
destra. Ma la considerazione più importante è che la gioventù comunista 
oggi è preparata ed in grado di affrontare queste sfide. La sindrome 
della sconfitta è superata, abbiamo dato il segnale dell’inizio della 
riscossa.
Cosa è cambiato dal 2012 e quali sono gli obiettivi del FGC nel prossimo futuro? 
Il contesto politico è ulteriormente 
cambiato in peggio, specialmente a sinistra. Questo ci pone di fronte 
alla necessità di interrogarci su un maggiore contributo da dare nel 
processo di ricostruzione comunista in Italia. Abbiamo sempre concepito 
l’autonomia non come isolamento e chiusura. Oggi dobbiamo fare un passo 
successivo in questa direzione, che ci vedrà impegnati a discutere 
internamente, per decidere modalità, tempi e quale contributo vogliamo 
realmente mettere in campo. Non esiste organizzazione giovanile 
comunista forte senza al suo fianco un partito comunista altrettanto 
forte e radicato, e anzi la gioventù può e deve essere un fattore 
essenziale in questo processo. Dal 2012 ad oggi il quadro si è 
ulteriormente chiarito, ma ripeto su questo tema dobbiamo discutere 
chiaramente tra noi, con la massima apertura con cui abbiamo sempre 
trovato una linea condivisa da tutti, e lo faremo già a partire dal 
campeggio di agosto.
A proposito di questo lo scenario 
post elezioni europee ci consegna una sinistra divisa, con percentuali 
irrisorie e senza radicamento sociale. Ancora più grave la totale 
sconfitta dell’idea di una rifondazione del comunismo, tra alleanze 
capestro e capitolazione teorica: come si inserisce il FGC in questa 
situazione?
Sì nella nostra analisi abbiamo parlato 
di fine dell’ipotesi della “rifondazione” comunista, ossia di quel 
processo che si era aperto con l’opposizione allo scioglimento del PCI 
nel 1991 e in parte anche prima. Un processo contraddittorio, privo di 
coesione ideologica certamente, che ha portato al disastro successivo. 
Sbagliata era la stessa pretesa di “rifondare” il comunismo, che sa 
tanto di buttare il bambino con l’acqua sporca e che infatti è fallita. 
Però anche nella critica quell’idea  manifestava la volontà di tenere 
aperta una finestra che oggi la maggioranza di Rifondazione si appresta a
 chiudere. Si propone una Bolognina vent’anni dopo, si usano le stesse 
parole di allora, si esprimono gli stessi concetti. Anche Occhetto 
diceva di rimanere comunista in un contenitore più ampio, e alla fine è 
arrivato Renzi. Che si chiuda il partito o si attui la forma federativa,
 cambia poco. I comunisti nei contenitori più ampi con gli anticomunisti
 finiscono sempre per scomparire, ma in troppi confondono l’unità tra le
 forze rivoluzionarie, con l’unità elettorale a tutti i costi con 
chiunque. Quale unità dovremmo fare con la costola sinistra di 
“Repubblica”? Un Curzio Maltese è meno responsabile di quanto accade nel
 paese, vista la funzione del suo giornale, rispetto a un deputato del 
PD? Non stiamo parlando di un normale lavoratore sottopagato e precario 
di Repubblica, ma di chi contribuisce a dare una direzione. L’unità con 
questa gente è la capitolazione. Se non si è capito a questa prospettiva
 non siamo interessati, e siamo convinti che del fallimento di queste 
ipotesi i tanti giovani che in buona fede prestano il loro lavoro e la 
loro speranza si accorgeranno presto.
Tra dibattiti interni ai partiti 
della sinistra radicale, ai collettivi, le associazioni, quale è il 
 messaggio del Fronte alla gioventù comunista diversamente collocata?
Massima apertura, ma penso che sia 
giunto per tutti il momento delle scelte e di decidere da che parte 
stare. Lo dico con rispetto per la condizione di tanti compagni e con la
 mano tesa che abbiamo sempre avuto e che continuiamo ad avere. La 
nostra organizzazione nasce con l’intento primario della ricomposizione.
 Con questo spirito e con queste modalità si sviluppa il Fronte. Noi il 
passaggio lo abbiamo fatto, ora serve che lo facciano gli altri. E il 
passaggio non può che partire da un riconoscimento di quanto fatto in 
questi due anni. Leggo qualche appello che circola in questi giorni che 
sembra scritto nel 2006, come se al di fuori del recinto di rifondazione
 e pdci non esistesse niente. Sono passati parecchi anni ormai, la 
situazione è cambiata davvero, chi pensa di fare finta di niente non 
vuole fare i conti con la realtà.
Quanto ai tanti che militano in 
collettivi, gruppi locali penso che sia oggi più matura la 
consapevolezza dello scontro di classe in atto e della necessità della 
costruzione dell’organizzazione. L’epoca delle moltitudini, del 
movimento dei movimenti è finita in modo misero. Anche nei sindacati 
studenteschi aumentano le simpatie verso il Fronte, nonostante si cerchi
 continuamente la marginalizzazione dei comunisti. Anche in questo caso 
da parte nostra la mano è tesa a tutti i compagni che sentono la 
necessità della costruzione di un’organizzazione comunista. Sia ben 
chiaro che mano tesa non vuol dire che staremo ad aspettare 
all’infinito. Quello che accade fuori non ci consente di certo di stare 
ad aspettare dibattiti congressuali dall’esito già segnato. Fuori c’è un
 mondo e ha bisogno dei comunisti.
Ecco appunto. Parliamo dei giovani e 
del lavoro nel contesto europeo: sempre più precarietà e disoccupazione.
 Quale messaggio manda il FGC ai giovani, lavoratori e disoccupati, del 
nostro Paese?
Che il capitalismo non è in grado di 
garantirgli un futuro che non sia sfruttamento, precarietà, 
disoccupazione, impoverimento generalizzato; che ogni illusione che 
proviene dalle forze politiche e sindacali responsabili della situazione
 attuale deve essere respinta. Che l’Unione Europea è il principale 
responsabile delle politiche di attacco ai diritti dei lavoratori e al 
futuro della nostra generazione. Non nego che è sul lavoro che scontiamo
 le maggiori difficoltà oggi, dovute in gran parte al tradimento della 
sinistra e dei sindacati in questi anni. In ogni caso stiamo lavorando 
per ricostruire in fretta una presenza nei luoghi di lavoro. E’ il 
legame di classe che deve essere ricostruito, rompendo ogni tendenza a 
deviare il conflitto su binari morti. L’apertura di alcune cellule nelle
 fabbriche e in altri luoghi di lavoro è stata importante. Ora si tratta
 di tenere una presenza costante. Abbiamo già chiesto alle nostre 
federazioni di realizzare delle inchieste sulla situazione lavorativa, 
selezionando i primi luoghi di lavoro su cui intervenire. Sulla 
disoccupazione abbiamo realizzato una campagna specifica, anche in vista
 di alcune manifestazioni passate, ed è chiaro che questo tema sarà 
fondamentale. La disoccupazione è la prova del fallimento del 
capitalismo.
La lotta di classe deve essere 
condotta certamente in prima istanza a livello nazionale, cosi come ci 
ricorda Marx: sappiamo però che è l’internazionalismo l’arma in più dei 
comunisti. Qual è l’ interpretazione odierna di questo concetto e in 
cosa si traduce nella pratica per il FGC? 
In questi due anni abbiamo investito 
molto nella costruzione di relazioni internazionali stabili con le altre
 organizzazioni giovanili comuniste in primo luogo, con le 
organizzazioni antimperialiste, con il WFDY, e con la Federazione 
Sindacale Mondiale. Abbiamo partecipato a diverse iniziative 
internazionali con nostre delegazioni. Siamo stati gli unici in Italia a
 firmare gli appelli comuni delle organizzazioni giovanili comuniste 
europee. Una sempre più stretta collaborazione tra le organizzazioni 
comuniste è necessaria, anzi sarebbe necessario fare il passaggio 
ulteriore di darci obiettivi comuni, intraprendere campagne ed azioni 
insieme. Purtroppo il movimento comunista oggi soffre ancora una crisi 
evidente, con carenze organizzative e differenze politiche. Ma la via 
per uscire dal tunnel è proprio la ricostruzione di un coordinamento 
internazionale forte, di una linea unitaria comune. L’idea delle vie 
nazionali non funziona e anzi produce disastri, e questo è tanto più 
vero nell’epoca in cui il capitalismo ha una base completamente globale.
 Questa è una delle sfide più grandi che abbiamo, ma alcuni passi 
avanti, sebbene piccoli, sono stati fatti in questa direzione anche 
grazie al nostro contributo. È una cosa di cui andiamo particolarmente 
fieri e su cui continueremo di certo a lavorare.
In conclusione come vedi il futuro prossimo e il ruolo delle nuove generazioni?
La pretesa del capitalismo di assicurare
 pace, stabilità e progresso si è infranta con la realtà. Il futuro che 
vediamo è nero per la nostra generazione, con la possibilità 
 addirittura di nuovi conflitti. L’Ucraina non è troppo lontana. Quello 
che rende tutto peggiore è la marginalità dei comunisti oggi. Ma noi non
 possiamo permetterci di mancare un appuntamento con la storia. Abbiamo 
visto che le nuove generazioni sono molto più recettive di quanto si 
credesse. Chi vive la crisi del capitalismo sulla propria pelle vede con
 i suoi occhi la differenza tra i proclami e la realtà. Non dico che la 
strada sia in discesa, la sconfitta storica subita alla fine degli anni 
’80 esiste e vediamo i suoi frutti quotidianamente. Vediamo la 
lontananza, il disinteresse, l’indifferenza. Ma vediamo anche la voglia 
di riscatto presente nelle generazioni più giovani, una nuova 
consapevolezza su cui è possibile costruire un futuro di lotta. Marx 
diceva che la condizione economica modifica le idee ben più di quanto le
 idee modifichino la condizione economica. Ecco oggi è molto attuale. 
Quello che è necessario è dare una prospettiva politica a questa 
condizione. Una prospettiva che sia credibile, che sia organizzata. 
Questa è la sfida a cui è chiamata la nostra generazione di comunisti.